venerdì 23 settembre 2011

HAI STOFFA ?


La domanda posta a bruciapelo a chi non se l’aspettava aveva l’effetto di raccogliere solo risposte vaghe e prive di rapporti con le reali intenzioni dell’interlocutore. Questi con in mano un gessetto ed un metro da sarto, che gli scendeva sul petto dalle spalle dell’abito elegante che aveva indosso, aspettava una risposta, sembrava impaziente, anche se non lo voleva dare a vedere.
Dietro di lui era un tavolino su cui si notavano delle grandi forbici e dei rocchetti di vari fili colorati riposti in una scatola aperta. Degli aghi sicuramente erano da qualche parte: altrimenti come poteva cucire?
Quello che sicuramente non si vedeva era proprio la stoffa che doveva essere cucita.
Per questo motivo poneva in continuazione la stessa domanda alle persone che gli passavano vicino.
A quell’ora della mattina, però, tutti quelli che transitavano, intenti ad andare o al lavoro, o a scuola, o a fare qualche commissione, di stoffa tra le mani non se ne trovavano, se non quella dei vestiti già cuciti che avevano indosso, ma come facevano a dargliela?

Ci poteva essere forse un’altra spiegazione, anche se poteva certamente sembrare assurda. La stoffa che quello strano sarto chiedeva non era quella con cui ci si avvolgeva indosso per rivestirsi, ma quella che ognuno aveva in sé, chiusa all’interno del proprio animo e che spesso non si sapeva di avere.
Egli quindi non era lì per confezionare vestiti ma per aiutare a ricucire gli strappi che questa umanità presentava con sempre maggiori lacerazioni.
Restavano solo congetture: nessuno si fermava ed il sarto, stanco di chiedere invano, sbaraccava quello strano tavolino e, così come era venuto, spariva.

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