venerdì 23 settembre 2011

CI VUOLE MOLTO ?


La domanda, pronunciata a bruciapelo, con un tono scostante e per nulla gentile, attraverso quell’esile vetro che separava chi l’aveva espressa, al di fuori della cabina, impaziente di entrarvi e colui che vi era all’interno, con il ricevitore in mano ed intento in una animata conversazione con qualcuno che si trovava chissà dove, aveva avuto l’effetto di indispettire oltremodo solo chi non aveva avuto il buon senso di pazientare ancora.
Il ricevitore dava sicurezza a chi lo aveva in mano e rendeva quasi indifferente verso tutto ciò che avveniva intorno: figurarsi se poteva venire in qualche modo influenzato dalle lamentele di chi attendeva, con sempre più ansia, che arrivasse il proprio turno.
La cabina era piccola, difficile da penetrare, per via di quelle porte strette e dure da spingere, incredibilmente trasparente e per nulla garante della privacy, dato che tutte le parole pronunciate dentro, anche sottovoce, fuori venivano trasmesse fedelmente e chiunque vi si trovava nei pressi le poteva udire distintamente.
Anche le persone più timide o quelle che vi entravano con qualcosa da nascondere, una volta presa in mano la cornetta e composto il numero con cui volevano comunicare, non riuscivano ad esimersi dal parlare, come se si trovassero in un’isola sperduta, lontani da tutto e da tutti, incapaci di trattenere le parole che non avrebbero voluto dire e ne riversavano decine e decine .
Spesso l’unico limite veniva posto non da chi telefonava, né dal numero sempre maggiore di persone che attendevano di entrarvi, che pure mugugnavano sempre più rumorosamente, ma dai soldi spicci o dai gettoni che occorrevano per prolungarla.
Una volta terminati la comunicazione cadeva ed il ricevitore doveva essere riagganciato, con grande soddisfazione di chi aspettava fuori.
In quel momento, chi usciva rientrava dal mondo magico delle parole telefoniche e, davanti quei visi torvi, stanchi della lunga attesa, aveva anche parole gentili e si scusava per il prolungarsi di una telefonata che doveva essere breve. Chi entrava, tutto felice di impadronirsi a sua volta della cornetta magica, tranquillizzava la fila delle persone che restavano fuori con la certezza di impiegare poco tempo. Ma, non appena si apriva la comunicazione, i suoi occhi si illuminavano, come rapiti da una oscura forza telefonica e a nulla valevano le proteste ed i mugugni per ricordare l’impegno di essere breve.

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