venerdì 23 settembre 2011

E LA PRECEDENZA ?


Le strade erano tracciate con strani segni a terra, dipinti tempo prima con vernici bianche ed ora in parte scoloriti. Vi erano anche dei cartelli metallici sorretti da pali ad una certa altezza, in modo da essere visibili anche da lontano.
Ve ne erano anche altri, ben più grandi, che distoglievano gli sguardi con immagini accattivanti. Reclamizzavano prodotti con la scusa di mostrare spesso modelle dalle fattezze apparentemente disponibili.
Naturalmente le strade erano dense di automobilisti rinchiusi nelle loro scatolette di plastica e latta, sollevate da ruote di gomma ripiene di aria che rotolavano tutti i giorni avanti e indietro.
Le strade spesso s’intersecavano tra loro ed in corrispondenza di queste intersezioni si assiepavano la maggior parte dei cartelli.
Il significato degli strani segni che vi erano impressi era però quasi del tutto scomparso dai ricordi degli automobilisti, che spesso avevano problemi nel dialogo tra loro agli incroci in cui a volte si scontravano o rischiavano di farlo e non comunicavano se non con strani gesti ed oscure parole con linguaggi spesso scurrili.
In quelli più pericolosi vi si trovavano dei pali colorati di giallo con delle strane teste allungate, di colore verde scuro, con tre occhi colorati che si illuminavano in momenti e con colori diversi. Il più grosso di questi era collocato più in alto e quando si accendeva irradiava una luce rossa che veniva vista anche da lontano e serviva ad avvisare chi sopraggiungeva da lontano che si doveva fermare. Gli altri due erano di diametro identico, quello più in basso era verde e, quando si accendeva, consentiva alle macchine ferme di ripartire e di attraversare l’incrocio, mentre al centro era di colore giallo ed avvisava chi si stava avvicinando che era quasi il turno delle macchine ferme sull’altra strada di oltrepassare l’incrocio. I nomi di questi pali erano semafori e si erano diffusi in molti incroci nella speranza che facessero diminuire gli incidenti. Loro ce la mettevano tutta e con regolarità prestabilita alternavano il transito delle macchine delle diverse strade agli incroci. Ma spesso i loro annunci restavano inascoltati e a volte, scoraggiati da tanta indisciplina, si guastavano, rinunciando ad emettere le tre luci e lampeggiavano le medesime luci arancioni.
A volte agli incroci si collocavano delle persone in divisa che vigilavano sulla correttezza degli automobilisti e su taccuini appositi annotavano le targhe degli indisciplinati.
Erano stati scritti molti codici con belle regole da rispettare, ma, chiusi nelle loro macchine, gli automobilisti viaggiavano sempre in compagnia della fretta e le strade, che fossero asfaltate di fresco o ricolme di buche o tappezzate di rattoppi, nonostante i tanti nomi che le distinguevano, sui cigli  mostravano lapidi che a stento trattenevano le foto delle molte persone che in qualche punto del loro continuo scorrere vi erano morte.
Quello di cui veramente sembrava essersi persa traccia era il significato stesso della precedenza.
Solo un vecchio, davanti a delle scolorate strisce pedonali, con un bastone in mano, per sostenersi dal peso degli anni che si portava sulle spalle e che gli si vedevano bene indosso, indeciso se lanciarsi nell’attraversamento, se lo chiedeva a mezza voce che quasi non gli si sentiva la domanda, mentre le macchine gli sfrecciavano davanti che quasi lo volevano già investire prima ancora che entrava nella strada.

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